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Sal Paradise sa che non può fare a meno di seguirlo quel Dean Moriarty pazzo di vita. Perché è lui il viaggio, al di là di qualsiasi chilometro polveroso che percorrerà sulle strade d’America, anzi sulla strada. Così indispensabile è la follia di quell’amico ribelle, il suo coraggio libero, la sua sfrontatezza.
La ricerca di libertà si può quasi toccare in questo libro, insieme con la gioventù, la speranza, il senso di rivalsa e poi la necessità, fissa e latente, di volgere lo sguardo all’indietro, il peso di vivere e il destino di sconfitta. Perché il viaggio non risponde mai alle aspettative, la felicità è un lampo che si esaurisce nelle partenze e poi frana davanti alla realtà, dove i paesaggi sterminati d’America non trovano corrispondenza dentro l’interiorità del protagonista che, ogni volta disilluso, torna a chiudersi e ripiega sulla ricerca di un posto fisso, dopo l’ubriacatura del girovagare.
Sulla strada, il manifesto di una generazione
Il libro è ‘Sulla strada’ di Jack Kerouac, americano di Lowell che nasceva proprio 100 anni fa, il 12 marzo 1922. Scritto nel 1951 e, dopo una serie di rifiuti, pubblicato nel 1957 quando ebbe un immediato successo, è considerato il libro-manifesto della generazione ‘beat’ della quale il suo autore è identificato come il ‘padre’.
Un’etichetta che Kerouac, come scrittore, rifiuterà, così come non accetterà in blocco le idee politiche di quel movimento, preferendo affermare la propria singolarità di ‘solitario pazzo mistico cattolico’.
Inevitabilmente però, la sua scrittura, la sua vita e, tra tutti, questo libro, hanno incarnato e incarnano ancora quella ‘beat generation’ dell’America anni Cinquanta che preparò il terreno ai movimenti del ‘68 e che fremeva per ‘rompere le righe’, partire alla ricerca dell’avventura e del sé, nel tentativo di liberarsi dalle convenzioni e dal conformismo dell’epoca.
Viaggio in America aspettando un ritorno
‘Sulla strada’ è il racconto autobiografico dei viaggi che Kerouac fece in autostop, tra macchine e autobus, in lungo e in largo per l’America da New York a Chicago, da Denver a San Francisco, fino in Messico. È lui quel Sal Paradise che non trova pace ed è il suo amico Neal Cassady, altro giovane scrittore dalla vita tumultuosa e vagabonda, il Dean Moriarty che per gran parte di quelle peregrinazioni lo accompagnò, trascinandolo all’avventura.
Kerouac scrive il libro in tre settimane, utilizzando i suoi appunti di viaggio e rovesciando sulla pagina quella ‘prosa spontanea’, come lui la definì, riluttante agli argini della sintassi e delle regole grammaticali, e traslata direttamente dalla musica anni ‘50, il bebop soprattutto, così in voga in quel periodo, ma anche le canzoni di Charlie Parker e di Billie Holiday.
Parole tanto immediate e sonore da essere scritte senza la divisione in paragrafi in un rotolo da telescrivente lungo 36 metri, perché il loro ritmo non rischiasse di spezzarsi nell’atto di voltar pagina.
La delusione degli arrivi
In un’intervista del 1966 rilasciata ad una giovane Fernanda Pivano, Kerouac fatica a rispondere, dice che parla con le mani perché è di origine francese e alla domanda ‘scriverà qualcosa sull’Italia?’ risponde che no, non è tenuto a farlo e, se lo farà, non lo dirà a nessuno. Morirà soltanto tre anni dopo, nel 1969 per problemi di salute legati all’alcool.
Di questo libro restano chiarissimi il colore e la musica, l’altalenante entusiasmo, il fuoco fatuo e quello che acceca, l’energia di qualcosa che sta cominciando, la stanchezza di essere delusi, ogni volta, dopo le luminose partenze, dagli arrivi, proprio come i sogni che sempre si frantumano al vero.
La capacità di restituirci tutto questo, in ogni epoca della nostra vita, è il suo capolavoro.
Scheda del libro “Sulla strada” di Jack Kerouac
Titolo: Sulla Strada
Autore: Jack Kerouac
Editore: Mondadori
Prima edizione italiana: Medusa febbraio 1959
Titolo originale: On the road
Pagine: 311