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Nel 1950, Pasolini lascia Casarsa e si trasferisce con la madre a Roma in seguito ad un’accusa di corruzione di minorenni che gli costa anche l’espulsione dal P.C.I. L’anno successivo conosce Sergio Citti che diviene suo collaboratore in quasi tutti i suoi film e consulente per i romanzi e il linguaggio romanesco.
Edito da Garzanti nel 1955, Ragazzi di vita è ambientato nella periferia romana del sottoproletariato del secondo dopoguerra, dove vive un gruppo di ragazzi che diventeranno i protagonisti indiscussi del suo romanzo d’esordio.
Ragazzi di vita: la trama
Il romanzo si svolge nella Roma distrutta dalla guerra ed è ordinato in otto capitoli (Il Ferrobedò, Il Riccetto, Nottata a Villa Borghese, Ragazzi di vita, Le notti calde, Il bagno sull’Aniene, Dentro Roma, La Comare Secca). Non è narrata una vicenda o la storia di un personaggio, ma il ritratto della vita del sottoproletariato.
Riccetto, insieme a un gruppo di amici (Marcello, Alduccio, Caciotta, Lenzetta, Genesio, Begalone, Piattoletta), vivono a Pietralata: sono “ragazzi di vita” che per campare si arrangiano come possono.
Il romanzo si apre con la frase: «Era una caldissima giornata di luglio. Il Riccetto che doveva farsi la prima comunione e la cresima, s’era alzato già alle cinque; ma mentre scendeva giù per via Donna Olimpia coi calzoni lunghi grigi e la camicetta bianca, piuttosto che un comunicando o un soldato di Gesù pareva un pischello quando se ne va acchittato pei lungoteveri a rimorchiare» (pag.15).
Il filo conduttore dell’intera narrazione è proprio Riccetto che vive con la sua famiglia abusivamente in un corridoio di una scuola abbandonata «di quelle dove si aprono le aule, ch’era stato diviso con dei tramezzi in tanti piccoli locali, lasciando per il passaggio soltanto una piccola striscia lungo le finestre che davano sul cortile (pag.56).
Con il crollo della scuola muoiono sua madre e, dopo il ricovero in ospedale, anche Marcello, suo amico d’infanzia. Rimasto solo, senza punti di riferimento e legami affettivi, trascorre le giornate bighellonando per le vie di Roma assieme ad altri ragazzi sempre diversi. Lo spirito di sopravvivenza lo porterà a rubare un portafoglio e ad impossessarsi illecitamente di due poltrone per poterle poi rivendere, o ancora, a un suo amico che dorme, rubargli un paio di scarpe. La fame è sempre in agguato e la povertà va a braccetto con la violenza.
Nonostante tutto, Riccetto, però, dimostra grande generosità quando, per esempio, durante una gita sul Tevere, mette a rischio la sua vita per salvare una rondine che sta annegando.
Gli amici di Riccetto
I paesaggi desolati della periferia sono gli spazi dove i “ragazzi”, amici di Riccetto, sfacciati ladruncoli sempre affamati e insoddisfatti, si muovono e vivono. Ciondolano inquieti ai bordi della legge, vanno a caccia di donne, commettono furti cercando di vivere spensierati anche per un solo giorno.
Alduccio, si trova a combattere non solo con un padre alcolizzato e una madre epilettica, ma anche con una sorella incinta con manie suicide. Inasprito e adirato dalle lamentele della madre che lo etichetta disgraziato e magnazza infame, la accoltella, pur non ferendola seriamente, nella cucina della casa.
Begalone ha una madre affetta da una malattia mentale: “vede” il demonio e spettri mostruosi; Amerigo, viene incarcerato dopo essere stato sorpreso a giocare in una bisca clandestina, e, non sopportando la cattività, si toglie la vita.
Piattoletta, durante un gioco selvaggio, viene legato ad un palo da un gruppo di ragazzi (sicuramente per noia), e muore per la ferocia del gioco.
Genesio, che voleva dimostrare il proprio valore a sé stesso e agli altri, si tuffa senza saper nuotare nelle acque dell’Aniene e muore trascinato dalla corrente mentre si trovava in compagnia di Mariuccio e Borgoantico (suoi fratelli minori) e il cane Fido.
Mò se famo er bagno
Nel romanzo il fiume ha un ruolo essenziale, è un punto di ritrovo per i “ragazzi” che lo attraversano volendo dimostrare di essere adulti, e può ben essere una metafora della vita che scorre rendendo liquide e aperte al cambiamento le esistenze presentateci da Pasolini. Nel fiume si fa il bagno e si gareggia a nuotare; il fiume accoglie le azzuffate e gli insulti fra i “ragazzi”; il fiume ascolta il loro canto.
Caciotta lo ha attraversato: «Tu non te ce butti?» chiesero al Caciotta. «Er coraggio nun me manca», egli disse, «ma è la paura che me frega!». Gli altri attraversarono a grandi bracciate, incrociandosi con quelli che arrivavano come le canne, e giunsero sull’altra riva, che veniva giù dritta, lurida» (pag.161).
Begalone, morto per un attacco di tubercolosi sulle sponde del fiume, non ci è riuscito così come Genesio, ansioso di crescere in fretta, compiendo la traversata: «lui non riusciva ad attraversare quella striscia che filava tutta piena di schiume, di segatura e d’olio bruciato, come una corrente dentro la corrente gialla del fiume. Ci restava nel mezzo, e anziché accostarsi alla riva, veniva trascinato sempre in giù verso il ponte» (p. 251). Trascinato dalla corrente «andò sotto per l’ultima volta, senza un grido, e si vide solo ancora per un poco affiorare la sua testina nera» (p. 252).
Il fiume non ha le acque chiare, è torbido come torbide sono le vite dei personaggi pasoliniani, già segnati dalla nascita.
I ragazzi e il sesso
In Ragazzi di vita Pasolini ci restituisce la drammatica realtà delle fasce più povere, nelle quali domina la povertà, distintiva di una società cresciuta senza ordine e alla deriva. Pasolini non ci nasconde nulla. La miseria spinge i “ragazzi” a diventare crudeli e violenti: è questo l’unico modo che conoscono per sopravvivere.
Scorrendo il romanzo, leggiamo pagine di spietato realismo che mostrano vari episodi dei “ragazzi” anche nel loro rapporto con il sesso, vuoto e feroce. Un rapporto privo di sentimento e di piacere, fortemente animalesco. Il sesso è merce di scambio. «La Elina stava rintanata là dietro, vicino ai reticolati e le fratte che circondavano i terreni lottizzati […]. Il Lenzetta e il Riccetto s’accostarono alla donna ch’era piccola e grossa come un rotolo di coppa, stettero un po’ a contrattare, e, passando tra i fili di ferro di un reticolato, si spinsero in dentro, tra mucchi fradici di canne. Non ci misero molto; appena che risortirono andarono calmi calmi a lavarsi un pochetto a una fontanella, in mezzo al piazzale dov’era il capolinea dei tranvai» (p.109).
Nel secondo capitolo Riccetto va in gita con degli amici ad Ostia; qui il gruppo organizza un appuntamento con Nadia che «era sui quarant’anni, bella grossa, co certe zinne e certi coscioni che facevano tante pieghe con dei pezzi di ciccia lucidi e tirati che parevano gonfiati con la pompa» (pag.51). La prostituta mentre si consuma l’atto sessuale «piano piano con una mano, scivolò lungo i calzoni appesi contro la parte, la infilò nella saccoccia di dietro, levò il pacco dei soldi e lo mise dentro la sua borsa che pendeva lì appresso» (pag.55).
Nel penultimo capitolo un uomo, «camminando davanti a loro, gli dava tanto delle lunghe occhiate […] con una bella camicetta e un bel paro di sandali» (pag.204), fa capire esplicitamente di essere disposto ad avere rapporti omosessuali. E così, dopo aver girovagato alla ricerca di uno spazio tranquillo, si appartano in una grotta nella periferia romana.
Al termine, Alduccio e Begalone vanno in un bordello, quasi certamente per provare la propria identità sessuale: ma qualcosa va storto e Alduccio viene apertamente umiliato da una vecchia prostituta che urla «vatte a beve uno zabbajone» (pag.220).
Chi sono i ragazzi di vita?
Sono ragazzi nati adulti, mai stati bambini. Sono gli esclusi dalla società, i non integrati; sono impregnati dalla fame e vivono alla giornata, senza pensare al domani. La strada è la loro casa. Passo dopo passo emerge con drammatica forza questo mondo di miseria, come quando Riccetto e Lenzetta derubano un’anziana signora in un autobus, o mentre il Riccetto, insieme ai suoi compagni, fruga nell’immondizia alla ricerca di qualche pezzo di metallo da vendere al rigattiere, o ancora quando rompono le tubature per ricavarne il piombo e racimolare qualche lira. «A Pietralata, per educazione, non c’era nessuno che provasse pietà per i vivi, figurarsi cosa c… provavano per i morti»( pag.116).
I “ragazzi” sono l’espressione di una città che non c’è, di una Roma che non esiste più, di una Roma intimamente mutata. Quel mondo che aveva tanto attirato e conquistato Pasolini è scomparso: la sua eclissi segna il cambiamento dell’Italia e del mondo intero colonizzato dal consumismo e dalla globalizzazione, meno attento alle differenze, ma fortemente omologato.
Il dialetto romanesco e il neorealismo
Pasolini ha, in poco tempo, maturato una rilevante padronanza del linguaggio dei sobborghi romani. Ragazzi di vita è in italiano, ma spesso troviamo con una certa frequenza parole e locuzioni dialettali e gergali, che alla fine del romanzo faranno parte del glossario. Usare il dialetto, di grande vivacità e forza espressiva, è utile per rappresentare in maniera piuttosto fedele la realtà delle borgate romane, perché si identifica con il contesto dove vivono i “ragazzi”: un universo dominato dalla violenza che emerge con forza dagli argomenti illustrati (galera, ubriacatura, prostituzione, furti e accattonaggio).
Il codice linguistico adottato rientra perfettamente nelle norme del neorealismo, affermatosi dopo la seconda guerra mondiale, cui aderì in quegli anni lo stesso Pasolini. Gli interventi dello scrittore sono scritti in italiano semplice e scorrevole, mentre i protagonisti parlano in romanesco, espressione del mondo scombinato e degradato da cui provengono:
«Mbè», riprese il Riccetto, «che me riconti de Tibburtino?»
«Che te devo da ricontà», fece Alduccio, «già te ‘ho detto, er zòlito»
«Che, o conoschi er Caciotta, ve’, quello che zta a abbità ar lotto nove…» fece il Riccetto
«Come, ‘un ‘o conoscio», risposte Alduccio,« o conoscio sì» (pag.111)
Il processo al romanzo
Il 21 aprile del 1955 la casa editrice Garzanti pubblica Ragazzi di vita; dopo soli tre mesi il romanzo viene indicato come osceno e pornografico e segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano.
Pasolini e Aldo Garzanti sono convocati per tre volte, nel gennaio del 1956, il 18 aprile e il 4 maggio dello stesso anno. Il successivo 4 luglio, il Tribunale Civile e Penale di Milano assolve l’imputato, con formula piena, perché «il fatto non costituisce reato». La testimonianza di Carlo Bo fu decisiva per l’assoluzione; dichiarò, infatti, che il libro era ricco di valori religiosi spingendo alla pietà verso i poveri e i diseredati e che non accoglieva al suo interno nulla di osceno perché i dialoghi sono dialoghi di ragazzi e l’autore ha sentito la necessità di rappresentarli così come in realtà.
Conclusione
Con Ragazzi di vita, Pasolini ha dato voce diretta a una classe sociale scartata dalla letteratura facendo parlare i suoi personaggi attraverso la loro lingua: il dialetto romano. Lo scrittore racconterà la stessa Roma anche in Una vita violenta, romanzo pubblicato nel 1959 da Garzanti, in alcune poesie e nei film Accattone e Mamma Roma.
Un unico fil rouge lega queste opere tra di loro: il racconto dei sottoproletari esclusi dalla Storia.
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo 1922. Poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, attore e drammaturgo italiano, è considerato tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento. Si distingue in numerosi campi, lasciando contributi anche come saggista, romanziere, traduttore, pittore e linguista.
Figura a tratti controversa e attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra fino alla metà degli anni Settanta, ha suscitato forti polemiche e dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, piuttosto critici rispetto alle abitudini borghesi e alla nascente società dei consumi, così come nei riguardi del Sessantotto e dei suoi protagonisti.
Scheda Libro
Autore: Pier Paolo Pasolini
Titolo: Ragazzi di vita
Editore: Garzanti, 2021
Prima edizione: Garzanti, 1955