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Daniel Mendelsohn è uno studioso di lettere classiche, docente al Bard College di New York. Scrive recensioni e saggi per il “New Yorker”, la “New York Review of Books” e il “New York Times”.
Daniel Mendelsohn, il professore-narratore
In Italia era conosciuto come narratore, un professore-narratore: Einaudi aveva pubblicato la sua dolorosa ricerca di notizie dei parenti del nonno, vittime dell’Olocausto (Gli scomparsi, 2006), una sorta di Telemachia senza speranza, poi un altro viaggio, questa volta pedagogico ma di nuovo autobiografico, dentro l’Odissea, prima come seminario all’università poi direttamente, in crociera verso Itaca, insieme al padre ottantenne che aveva voluto seguire il corso su Omero (Un’Odissea. Un padre, un figlio e un’epopea, 2018).
In questo caso, avviene spesso uno scambio di ruoli, che a volte si alternano a volte si sovrappongono, tra padre e figlio. Un fisico parlerebbe di entanglement, inquietanti azioni a distanza: la presenza del padre alle sue lezioni sulla figura di Ulisse innesca un viaggio nel passato, anzi alla ricerca del passato.
Anche il terzo libro di Daniel Mendelsohn (Tre anelli, 2021) è il libro di un professore-narratore, infatti ci racconta le vicende di tre grandi autori in esilio: Erich Auerbach, che scrive a Istanbul tra il 1942 e il 1945 il suo Mimesis; François Fénelon, e qui ci troviamo di nuovo con le avventure di Telemaco come proseguimento dell’Odissea (ma la storia finisce male per il suo autore perché Fénelon non riesce a rimanere nell’ombra del Re Sole); infine W. G. Sebald, che nei suoi libri ha percorso migliaia chilometri in una ricerca molto simile a quella di Ulisse.
Daniel Mendelsohn le definisce narrazioni ad anello, da qui il titolo, in pratica usa con grande finezza l’arte della digressione, alla Lawrence Sterne o Marcel Proust. A questo punto verrebbe da rilevare le somiglianze tra le tre narrazioni ovvero la variazione dallo stesso modulo, sotto il segno della nostalgia, scomposta nei due vocaboli che questo sentimento lega insieme.
Una letteratura profumata d’inchiostro
Con Estasi e terrore. Dai greci a Mad Men (Einaudi 2024) conosciamo finalmente il professore e soprattutto il critico letterario Daniel Mendelsohn, ed è una felicità inconsueta. Già dalle prime pagine di quest’opera – una scelta di saggi pubblicati dal 2003 al 2022 – si riaccende la speranza di una letteratura profumata d’inchiostro e non di involucri di cellophane, di un’intelligenza al servizio di chi legge e non di chi deve vendere, di un’onestà intellettuale che mette sul piatto anche la confessione autobiografica e soprattutto una lucidità investigativa che viene sempre argomentata e non apoditticamente spacciata come intuizione superiore, infiorettata da citazioni erudite.
E’ un dialogo socratico tra Daniel Mendelsohn, il libro e il lettore. Non solo nelle opere e nei loro autori, classici o moderni, c’è ancora tanto da conoscere, dietro o sotto il testo, ma anche nelle loro trasposizioni cinematografiche, e perfino dagli errori può emergere qualche verità, magari inconsapevole, come quelle mentalità che celano dietro un velo di ipocrisia democratica la più semplice delle condizioni umane: la stupidità (vedi Patroclo presentato come cugino di Achille per giustificarne il legame). Non si può modificare il passato perché lo si ritiene imbarazzante, sarebbe meglio conoscerlo nelle sue diversità e complessità.
E infine gli stereotipi, che quasi sempre nel cinema sono la scelta estetica più popolare e più falsa, vengono qui segnalati proprio in un film ispirato a Virginia Woolf, The Hours, che quegli stereotipi aveva già denunciato in Una stanza tutta per sé. Al lettore di Mendelsohn vengono forniti gli elementi per partecipare alla discussione, e resta implicito che il suo discorso non termina con la lezione, anzi è prevista e perfino suggerita una riflessione successiva, ognuno nella propria stanza tutta per sé o in un simposio di amici.
Tra classici e contemporanei
Il libro è diviso in tre parti: Miti di ieri, in cui si parla di Saffo, Erodoto, del teatro greco, di Virgilio e Ovidio, con un costante confronto con la contemporaneità; Miti in technicolor, dove vediamo come la cultura cinematografica ha rappresentato alcuni racconti e temi non solo della classicità ma anche del mondo moderno e contemporaneo, dall’Iliade al Titanic, dai Segreti di Brokeback Mountain alle serie televisive fino ai robot dell’antichità; infine Miti d’oggi, in cui si parla di Virginia Woolf, dell’Olocausto, di Forster e Kavafis, e vi è incluso un lungo racconto autobiografico del suo rapporto epistolare con la narratrice Mary Renault: un piccolo romanzo di formazione, nel quale l’omosessualità e soprattutto l’omosessualità del giovane Daniel Mendelsohn è il nucleo attorno al quale si aggroviglia il filo della storia. Il libro si chiude con la sua dichiarazione esplicita in quanto storico della letteratura, Il manifesto di un critico (e con il discorso di accettazione del Premio Malaparte 2022).
Daniel Mendelsohn e il suo manifesto
Volevo parlare appunto del suo manifesto, che viene definito nel risvolto di copertina come la sua illuminante dichiarazione di poetica. A me sembra che illumini davvero tanto e soprattutto con estrema semplicità e onestà: “di solito anche nell’opera meno riuscita c’è qualcosa da apprezzare, e quasi sempre c’è qualcosa di poco riuscito anche nell’opera meglio riuscita”. La predisposizione a descrivere e valutare non può che prescindere dalle personali idiosincrasie. “Il ruolo del critico – scrive – è mediare con intelligenza ed eleganza fra un’opera e il suo pubblico; educare e istruire in modo appassionante e, se possibile, divertente. (I critici sono, fra gli scrittori, quelli che più dovrebbero avere senso dell’umorismo).”
Questa riflessione mi sembra condivisibile e potrebbe apparire perfino ovvia, meno ovvia però è la sua contestualizzazione: “a renderci così ansiosi sulla verità e accuratezza delle narrazioni personali, non sono tanto le autobiografie che si scoprono false o esagerate, cosa accaduta spesso anche in passato, bensì l’esplosione senza precedenti della scrittura personale (e della sciatteria e della falsità) online, in siti e blog e commenti anonimi – laddove mancano redattori, fact-checker e case editrici contro cui puntare il dito”. Infatti “Anche le osservazioni più denigratorie impallidiscono in confronto alle ingiurie prive di fondamento e agli insulti ad personam che compaiono regolarmente nelle recensioni su Amazon o nelle sezioni commenti delle riviste letterarie online. Se in questo periodo siamo tutti ipersensibili ai giudizi negativi, la colpa non è certo dei critici”. E forse però è per questo che i critici se ne astengono, giudicando inefficaci i giudizi negativi. In effetti, spesso una stroncatura diventa una propaganda involontaria.
La sua dichiarazione più limpida la trovo tuttavia nel libro autobiografico Un’Odissea : “Dovete spingere il testo a schiudersi per rivelare il suo significato” e fornire al lettore gli strumenti per proseguire con le sue meditazioni.
Scheda del libro
Titolo: Estasi e terrore. Dai Greci a Mad Men
Autore: Daniel Mendelsohn
Editore: Einaudi
Anno: 2024
Pagine: 408