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In occasione dei Settecento anni dalla morte di Dante sono state molte le celebrazioni in onore del Sommo Poeta.
Alla fine del 2020, nell’anno terribile del covid, è uscito un saggio particolarmente significativo: si intitola Dante (Laterza) ed è stato scritto da Alessandro Barbero, professore molto noto e apprezzato, soprattutto per la sua grande capacità comunicativa.
Non manca ovviamente la competenza e posso fin da subito affermare che la monografia è in grado di rispondere sia all’esigenza divulgativa sia all’istanza scientifica.
Dante di Alessandro Barbero, la struttura e Lo stile
Il volume infatti è organizzato in ventuno capitoli, ognuno dei quali nel titolo fa chiaramente riferimento a una data, a un luogo, a un personaggio in qualche parte connessi con l’Alighieri; la dissertazione pertanto assume i tratti di una biografia che si estende per circa duecentosettanta pagine rispetto alle trecentosessanta totali; in questa prima parte il font di scrittura è abbastanza grande e altamente leggibile; l’argomentazione è portata avanti con spirito critico, ma la prosa risulta chiara, comprensibile, di godibile lettura.
Nel corpo del testo ci sono dei numeretti che rimandano alle note, ubicate non a piè di pagina, bensì in una specifica sezione successiva: in tal modo esse non interrompono la lettura, ma indicano uno spazio di approfondimento in cui, con dovizia di dettagli, date, informazioni, riferimenti, vengono spiegate le scelte operate dall’autore nella stesura del saggio-biografia. Seguono poi una ricca bibliografia e un indice dei nomi.
Lo stile narrativo presente nella prima sezione di Dante rende accattivante la ricostruzione della vita dell’Autore, inserendola in un contesto più ampio. Così, ad esempio, il primo capitolo, dal titolo ll giorno di San Barnaba inizia così: “Sabato 11 giugno 1280, giorno di San Barnaba, l’esercito fiorentino che marciava attraverso il Casentino per invadere il territorio di Arezzo arrivò in vista del castello di Poppi, costruito su uno sperone isolato in un’ansa dell’Arno. L’esercito era partito da Firenze nove giorni prima, al suono delle campane; s’era accampato fuori città ad attendere l’arrivo degli alleati mandati dalle altre città guelfe, poi s’era rimesso in marcia e adesso era lì, a metà strada tra Firenze e Arezzo….”.
Successivamente lo studioso fornisce alcune delucidazioni su come fosse organizzato a quel tempo un esercito, anche citando storici come Villani, il che puntella, anche la parte più divulgativa dello scritto, con adeguati elementi di supporto. Infine, dopo aver preparato il contesto, Barbero fa entrare in scena il suo personaggio-chiave: “Fra quei cavalieri, anzi fra i feditori schierati in prima fila, c’era Dante. Questo sta scritto in tutti i manuali di letteratura, ma come facciamo a saperlo?” E così il professore inizia a spiegarlo.
Sempre nella parte più ampiamente accessibile non mancano inoltre citazioni dai testi di Dante: ed è normale in quanto la Commedia, ad esempio, è a suo modo uno scritto autobiografico.
Ovviamente va interpretato e confrontato con altre fonti: spesso bisogna avere il coraggio di scorgere un Dante diverso da quello conosciuto sui banchi di scuola. Perché Dante fu innanzitutto un uomo.
I temi: nobiltà, amore, amicizia, politica
Particolarmente caro al Padre della Letteratura Italiana fu il tema della nobiltà. Ma questo concetto come era inteso da lui? Come nobiltà di sangue? O era invece correlata al valore morale? Anche in tal caso lo storico sviscera la questione in modo approfondito, dettagliato, critico, non banale, sostenendo il proprio ragionamento con un ampio apparato di riferimenti testuali.
Analogamente, come Dante visse l’amore e l’amicizia?
Il Sommo, afferma Barbero, era “imbranato”, come un giovane di oggi: quando, per la seconda volta in vita sua (nel 1283) rivide Beatrice, incontrata per la prima volta nove anni prima, lui “era in preda al panico, e cercava di non farsi vedere, ma Beatrice incrociò il suo sguardo e lo salutò, mandandolo al settimo cielo”.
Tutti i lettori possono comprendere l’innamoramento di Dante ed apprezzarlo di più in quanto il ricercatore, dopo averlo raccontato semplicemente con un linguaggio attualissimo, lo impreziosisce con una citazione tratta dalla Vita Nova: “tanto che mi parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine”. Barbero coglie però che la particolarità del giovane era dovuta al fatto che egli fu tra i primi a collocarsi tra i “dicitori d’amore in lingua volgare” (Vita Nova) Canto e amore divennero un binomio.
Analogamente lo scrittore trovò un linguaggio per parlare della politica e anche Barbero ci mostra questo aspetto, così pervasivo della vicenda personale del poeta, che lo portò a viaggiare, ad esaltarsi, ad umiliarsi, a sentirsi ora accolto, ora minacciato, ora a casa, ora straniero.
Solo a Ravenna l’esule troverà la pace al suo travagliato vagare: con sottigliezza armonica ed architettonica, Barbero inserisce questo luogo alla fine del volume; il capitolo omonimo, che chiude il saggio, è il ventunesimo. Come non pensare al 1321, anno in cui, tra il 13 e il 14 settembre, il sommo Poeta, trovò proprio nella città romagnola quella pace perpetua vanamente bramata in tutta la sua esistenza? Ecco la chiusa del libro: “Dante deve essere morto nelle prime ore della notte fra il 13 e il 14. Quella notte, il profeta andò a scoprire se quanto aveva immaginato in tutti quegli anni era vero”.
Leggete questo capolavoro e troverete l’uomo Dante, reso ancora più bello dai suoi limiti, dai suoi difetti, dalla sua umanità.
Titolo: Dante
Autore: Alessandro Barbero
Casa Editrice: Laterza
Anno: 2020