di Gabriele Ridolfi
Avevo acquistato una piccola casetta fra le colline. Piccola davvero, con due stanze, una cucina e un bagno. Aveva inoltre un sottotetto praticabile, un solaio al quale si accedeva attraverso una botola sul soffitto. La casa era stata data in affitto per lungo tempo ed ora necessitava di piccoli ritocchi.
Tutti i mobili erano stati traslocati e le pareti dovevano essere ridipinte. Con una scaletta di legno salii in solaio dove un lucernaio dava luce all’ambiente. Erano stati stesi dei fili, forse per asciugare gli indumenti durante l’inverno, per il resto era tutto vuoto tranne per un lenzuolo impolverato che copriva qualcosa appoggiato alla parete di fondo.
Scostando il lenzuolo apparvero delle tele dipinte, quadri senza cornici, tutti delle stesse dimensioni. Erano stati accatastati uno sopra l’altro e a prima vista sembravano essere otto tele.
Forse un vecchio inquilino era un pittore che aveva poi lasciato la casa dimenticandosi i quadri nel solaio. Con molta curiosità presi il primo quadro e lo portai verso il lucernaio.
I colori erano molto nitidi e le immagini dipinte erano così realistiche da sembrare una fotografia. Rappresentava un fosso dove scorreva un rigagnolo di acqua cristallina e sulle pareti del greppo fiorivano delle viole, così tante da sembrare centinaia. Il cielo sopra il fosso era limpido come l’acqua che scorreva più sotto. Girando la tela vidi applicato sul retro un biglietto dove, con una grafia chiara e arrotondata erano scritte queste parole:
in primavera il sole
profuma di viole
Sembrava un haiku giapponese e mi mise la curiosità di scoprire anche le altre tele.
Il secondo quadro rappresentava un albero in fiore, così ricco di fiori che i rami ne erano completamente ricoperti. La luce del tramonto illuminava tutto il quadro di un rosso vivo che si rifletteva sui petali bianchi rendendoli quasi rosati. Su di un ramo, posati e immobili, tre uccellini in fila. Girai la tela dove puntualmente era stato posto un biglietto con questa poesia:
tramonto di fuoco fra i rami del melo
i passeri in silenzio
guardano morire il giorno
Nel terzo quadro, in primo piano, i capelli biondi, lunghissimi di una donna erano scossi dalla brezza mentre sullo sfondo delle spighe di grano maturo erano piegate dal vento. Tutto era giallo: il sole, i capelli, il grano. Il biglietto sul retro diceva così:
scuote il vento le onde dei tuoi capelli
e si fa mare il grano sulla collina
Nel quarto quadro il mare era in tempesta. Sicuramente un mare d’inverno. Il cielo annuvolato prometteva tempesta e sbuffi di onde s’infrangevano sulla battigia. Dietro una nuvola un piccolo raggio di sole illuminava il volo di un gabbiano. La poesia diceva:
le nuvole oscure che fanno da sfondo
accolgono amiche in un umido abbraccio
un lento gabbiano in un volo d’argento
che s’alza leggero nel sole e sul mare
Nella quinta tela era predominante il grigio. Un busto in gesso di un uomo mostrava la nuca rovinata dalle intemperie: la pioggia, il gelo aveva reso grigia e screpolata la superficie del gesso e nelle fessure s’insinuava un’ombra di muschio. Il volto era girato a guardare un cancello chiuso, in ferro dove oltre, in lontananza e sfumata, appariva la figura di una donna ritratta di spalle. Sulla guancia della statua la rugiada aveva formato delle gocce come lacrime. Curioso girai la tela ed il biglietto diceva:
io statua di sale
mi giro a riguardarti
amore
Nel sesto quadro il volto di una ragazza bellissima, dai lineamenti minuti, era illuminato da una luce lunare. Il capo era coperto da un velo trasparente che mostrava i capelli lunghi e biondi. Il bianco del velo sfumava in un azzurro delicato sullo sfondo blu notte del cielo. Dal cielo piovevano margherite che si accumulavano alla destra del quadro. Lessi il biglietto applicato sul retro:
sei tornata a trovarmi
nel sogno di un mio amico
La penultima tela rappresentava un viale alberato in autunno. I rami neri, spogli di foglie, si intrecciavano a formare una cupola. Le foglie ammucchiate a terra, marroni e arancioni, formavano un tappeto. La poesia diceva:
bosco d’autunno
anche il mio cuore è coperto di foglie
senza nessuno
che vi tracci un sentiero
Mi avvicinai all’ultima tela e con sorpresa la trovai completamente bianca. Probabilmente il pittore avrebbe voluto iniziare l’opera ma qualcosa lo aveva impedito. Rimasi ancora più sorpreso quando girando il quadro vidi anche qui applicato un biglietto che diceva:
si nasce e si muore
si vive, eterni nomadi,
una stagione d’amore
Capii che l’intento di non dipingere la tela era voluto. Chiunque, guardando il quadro vuoto, avrebbe potuto riempirlo con i colori della propria stagione d’amore.
Il pittore di poesie. Racconto di Gabriele Ridolfi – Il Cappuccino delle Cinque
di Gabriele Ridolfi
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Autore: Gabriele Ridolfi
Il racconto di un amore in sette tele mi ha emozionato. I colori della giovinezza, il cielo azzurro, il rosso del tramonto, il giallo dei capelli biondi e del grano si scontrano con quelli cupi del cielo sul mare e del grigio di un freddo mattino. Che cosa è successo a questo amore? Una malattia? La statua di sale ricorda una punizione divina ma l’amore vince la forza della natura e la testa si rigira per guardare un’ultima volta. Poi il sogno, terribile e doloroso, la donna amata visita il sonno di un amico non quello dell’amato. La tela bianca mi ha colpito, ancora non so come dipingere il mio amore.