Indice
- 1 Entriamo con Adèle nel giardino dell’orco
- 2 Nel giardino dell’orco, cine a luci rosse e alberghi a ore: il morboso desiderio di sapere
- 3 Adèle, animale erotico che non aspira alla carne
- 4 Nel giardino dell’orco, la vita di menzogne e le ossessioni
- 5 Nel giardino dell’orco, un romanzo frenetico
- 6 Scheda libro Nel giardino dell’orco
“I colleghi la considereranno maliziosa, disinvolta, facile. Le colleghe la tratteranno come una predatrice, le più indulgenti diranno che è una donna fragile. Avranno tutti torto.”
Nel giardino dell’orco, mi sono innamorato subito di Adèle. Innamorato da lettore di questa donna fuori dalle righe che vive una vita segreta, passando di letto in letto, di cazzo in cazzo, di voglia in voglia, mai davvero appagata, mai soddisfatta; incapace di non tradire e di non ingannare.
È un personaggio straordinario, quello creato da Leïla Slimani, scrittrice franco-marocchina, nata a Rabat nel 1981 e trasferitasi in Francia nel 1999, vincitrice in Marocco, nel 2015, del Prix de La Mamounia con Nel giardino dell’orco, pubblicato l’anno precedente in Francia da Gallimard e vincitore del Prix de Flore; nel 2016 le viene assegnato il Goncourt per il suo secondo romanzo “Chanson douce”.
Entriamo con Adèle nel giardino dell’orco
Ricordate le vicende erotico-sentimentali (e anche giudiziarie) del politico ed economista francese Dominique Strauss-Kahn? Sembra che l’autrice possa essersi ispirata a lui per dare vita ad Adèle. Una giornalista parigina di trentacinque anni, moglie e mamma, la cui vita quotidiana è segnata da una eccitante, dolorosa, esaltante, continua attività sessuale. Con tutti, giovani e vecchi, perfetti sconosciuti e amici del marito, un medico in carriera che sogna di ritirarsi in campagna, nella perfetta quiete bucolica dove vivere felice con moglie e figli.
Apparentemente incastonata nella vita ideale del matrimonio e della famiglia – carriera, famiglia, casa da sogno, Adèle in quella gabbia dorata soffoca. Lei, che “ha un vero e proprio talento nell’intrattenere gli uomini e ha sempre pensato che sarebbe stato magnifico farsi pagare per quello”, deve aprire le cosce, deve prendere in bocca il sesso di un uomo.
Nel giardino dell’orco, cine a luci rosse e alberghi a ore: il morboso desiderio di sapere
Dietro la facciata impeccabile, si cela un’anima tormentata. In un vortice di incontri clandestini e fugaci passioni, cerca di placare un vuoto incolmabile.
Anche qui c’è stato un libro galeotto, poiché da ragazzina trova e legge una copia dell’Insostenibile leggerezza dell’essere, ma c’è sin da bambina il senso “un connubio di paura ed eccitazione, disgusto e tensione erotica. Il morboso desiderio di sapere che cosa accadesse dietro i portoni degli alberghi a ore, in fondo ai cortili dei palazzi, sulle poltrone dei cinema a luci rosse, nei retrobottega dei sexy shop con i neon rosa e azzurri che squarciavano il crepuscolo. Tra le braccia degli uomini o passeggiando a distanza di anni lungo quello stesso viale, non ha mai ritrovato quella sensazione magica di toccare con mano la bassezza e l’oscenità, la perversione borghese e la miseria umana”.
Adèle, animale erotico che non aspira alla carne
Adèle ha subito capito che “il desiderio non c’entrava nulla. Non era attratta dagli uomini che avvicinava. Non aspirava alla carne, ma alla situazione. Essere posseduta. Osservare la maschera di un uomo che gode. Riempirsi. Assaporare la saliva. Mimare le convulsioni dell’orgasmo, il godimento lascivo, il piacere animale”.
Il pensiero corre a De Sade e Bataille, per cui l’essere umano è un animale erotico; scrive Bataille: “La semplice attività sessuale è diversa dall’erotismo; la prima è data nella vita animale e solo la vita umana presenta un’attività definita forse da un aspetto ‘diabolico’, al quale conviene il nome di erotismo”.
Per Adèle “l’erotismo rendeva tutto più attraente. Mascherava la banalità, la vanità delle cose. Dava spessore ai suoi pomeriggi di liceale, alle festicciole di compleanno, persino alle riunioni di famiglia, in cui c’è sempre un vecchio zio che ti sbircia nella scollatura. Quella ricerca aboliva ogni regola, ogni codice. Rendeva impossibile avere amici, ambizioni, orari”.
Ma la doppia vita, tra la routine familiare e le avventure notturne, si fa sempre più stretta. Una danza pericolosa tra desiderio e ragione, che rischia di farle perdere l’equilibrio e svelare le crepe di una realtà costruita sulle menzogne.
Nel giardino dell’orco, la vita di menzogne e le ossessioni
Adèle è ”divorata dalle sue ossessioni. Non può farci niente. Quella vita di menzogne richiede un’organizzazione estenuante, che le occupa completamente la mente. E la logora. Pianificare un finto viaggio, inventare una scusa, affittare una camera d’albergo. Trovare l’albergo giusto”.
Non può farci niente perché è una predatrice urbana, una donna che non vuole fare a meno del sesso, e trascura tutto, figlio compreso, sull’altare degli orgasmi e degli amplessi veloci e ripetuti.
Cerca di sentirsi amata? Sì, certo, ma soprattutto cerca la conquista continua, l’eccitazione di sentirsi come un oggetto sessuale da penetrare. Una ninfomane, insomma, anche se, in questi tempi di censura e autocensura, leggerete righe su righe di recensioni che cercheranno di dire che no, che Adèle non è una ninfomane ma una donna che lotta contro il sesso senza piacere; che il suo non è sesso ma è una malattia; che lo fa come conseguenza della crisi matrimoniale; che la vera dipendenza di Adèle non è dal sesso ma dalla infelicità della società maschilista eccetera eccetera.
Vi farete la vostra opinione leggendo le nemmeno duecento pagine del romanzo. A qualcuno non è piaciuto il finale, io lo adoro: Adèle riafferma la centralità del corpo e l’ossessione per il sesso, lo fa non avendo scelta e, al tempo stesso, scegliendo consapevolmente ciò che è necessità che sia.
Nel giardino dell’orco, un romanzo frenetico
Con il libro Nel giardino dell’orco, Slimani ha scritto un piccolo grande capolavoro, usando uno stile giornalistico, veloce, mai noioso, quasi frenetico, come la voglia erotica della protagonista. L’autrice lo divide in brevi capitoli e, da narratrice esterna, ci permette di seguire la storia di Adèle anche utilizzando alcuni flashback che sono utili per entrare meglio nella vita della protagonista.
C’è nella narrazione di Slimani una tensione da romanziere verista, mescolata con la velocità di una scrittura che evita inutili descrizioni, che consente a noi lettori di trasformarci in voyeur che assistono all’epopea quotidiana di Adèle, impastata di eros e trasgressione, di sesso estremo e di bugie.
Scheda libro Nel giardino dell’orco
Titolo originale: Dans le jardin de l’ogre
Titolo edizione italiana: Nel giardino dell’orco
Autrice: Leïla Slimani
Edizione originale: Gallimard, 2014
Prima edizione italiana: Rizzoli, 2016
Edizione italiana recensita: Rizzoli, 2019
Pagine: 190 p.
EAN: 9788817109253