Il bosco può diventare la metafora del più ampio concetto di Natura, abbracciando paesaggi di montagna, suggestioni lunari, manifestazioni della luce e richiami della Memoria.
Con il suo simbolismo il bosco ci parla, ci comunica qualcosa e, come nelle Corrispondenze di Baudelaire, può lasciarci in eredità un messaggio di cui fare tesoro.
Noi stessi possiamo essere gli eredi del bosco, intesi come allievi della Natura.
In questa simbiosi tra natura e uomo si muove la nuova raccolta poetica L’eredità del bosco (Macabor Editore) di Michela Zanarella che, come ben scrive Dante Maffia nella Prefazione “è oggi una delle realtà poetiche più belle che abbia l’Italia”.
L’eredità del bosco: struttura e stile
Dopo la prefazione di Dante Maffia, seguono quattro sezioni poetiche: La Montagna, La luna, Luce, Memoria. Seguono i ringraziamenti finali.
Ogni sezione è introdotta da una serie di citazioni di altri autori concernenti gli argomenti della stessa: queste citazioni costituiscono una sorta di cornice letteraria all’interno della quale si inserisce ciascuna delle quattro partizioni del libello.
Ogni cornice non ha il carattere della perentorietà, bensì quello dell’accoglienza: essa abbraccia le poesie di Michela sotto l’ala protettiva degli Auctores che pure hanno trattato tematiche affini. Anche Michela è allora erede di Stern, Calvino, Murakami e altri: e noi con lei.
Passando più nello specifico ai testi, si ritrova lo stile descrittivo, piano, dialogico di Michela che abbiamo avuto modo di apprezzare altrove: una scrittura a voce distesa, spiegata, che rassicura, avvolge, narra e spiega, andando nel profondo rispetto alle apparenze. Questa andatura è diretta, immediata, e avviene senza i vincoli della punteggiatura, spesso assente tra i versi e le frasi: “C’è un’aria pura di montagna/che attende di essere amata e riconosciuta/ è lì che parla agli alberi del silenzio/nato insieme al mio respiro”: basta l’andare a capo a sostituire i due punti che starebbero bene dopo “riconosciuta” o, in caso di lettura ad alta voce, basta fare una pausa di silenzio.
Conoscendo Michela Zanarella, che in una rubrica radiofonica curava letture poetiche ad alta voce, ricordo benissimo il ritmo accogliente della sua interpretazione.
Leggendo i suoi componimenti, questi, ma anche quelli della raccolta precedente Recupero dell’essenziale (Interno Poesia 2022), immagino la sua voce scandita e chiara che le valorizza come meritano.
Le liriche de L’eredità del bosco non hanno titolo, come a confermare l’idea che esse siano inserite nello sfondo della sezione di rispettiva appartenenza.
Il bosco è un luogo iniziatico da cui tornare: “Ritorno da me/nel bosco che mi ha insegnato/come fa silenzio la neve”. Il verseggiare, piano e semplice, contiene al suo interno preziose analogie ed identificazioni, come l’io lirico con il bosco stesso.
Eppure il tono è rasserenante, colloquiale: “Sì, l’amore ha l’estensione dei rami del tempo” ; contestualmente le frasi rivelano analogie profonde tra lo spazio e il tempo.
Esistono stilemi che si ripetono, come il concetto della montagna-magistra: “Salire/dove la montagna ha insegnato”.
Riconosco un lessico caro alla Zanarella, come quello associato alla luna, anch’essa termine-chiave della precedente raccolta; ritorno molto presente nella nuova silloge è quello dei “ciliegi”.
Le parole possono essere luce, ma solo se hanno un senso, altrimenti sopraggiunge il buio: “le parole hanno smesso di cercare un senso/il fatto è che il buio è in agguato”. Anche in questi versi si nota un immediato collegamento tra le conseguenze e le cause.
Come già riscontrato in Recupero dell’essenziale, spesso l’uso dei tempi verbali è indicativo della struttura poetica prediletta da Michela: la poesia è la dimensione del ricordo, della memoria di un tempo indefinito, bambino, eterno, ripetitivo che solo l’imperfetto sa rendere: “era l’estate[…]/il mare lasciava[…]/Capitava […]/c’era un rumore…/”.
Temi
I temi della raccolta L’eredità del bosco sono la Natura che trova nel bosco un suo elemento cardine; il bosco è il luogo del mistero e della rivelazione, un luogo dove tornare per imparare anche nell’incertezza delle sue cromìe e ambientazioni: “La nebbia è rimasta a fissare il confine”, inizia una lirica; in questo contesto la luce, in particolare quella lunare, definisce i cambiamenti stagionali, in un’epoca in cui le estati paiono infinite per effetto del mutamento climatico, evocato soffusamente, ma non per questo meno presente nel messaggio ecologico della Zanarella: “è la luna a togliere dalla brace del giorno la vampa”; “mentre la luna incrocia il tempo/di un altro inverno”; per questo talora la luce ha qualcosa di malinconico, quando non trova corrispondenza con le varie stagioni: “Le prime albe di gennaio/sono fiorite […]/Niente neve in città, / ma nuvole assorte nel grigio/uscite dall’esilio di un’estate infinita/nelle strade l’idea di un inverno/che non ha più le sembianze di una volta, /un tempo i pini cantavano la fede bianca/ora c’è malinconia di un candore sulle cortecce/mentre l’aria non sa mentire/parla a voce alta di primavera”.
Dei mutamenti della Natura è forte testimone la Memoria, che li registra con nostalgia e malinconia, immergendosi nel Tempo anche per conservarlo, al di là di tutto: “L’estrema memoria/ha nel fondo la sete del ricordo/ una gran luce che spinge il tempo a restare.
Consigli
In conclusione consiglio vivamente la lettura e la rilettura di queste liriche per cercare di attraversare i boschi, la luna, la luce, la memoria e saperli poi vedere come momenti diversi di quell’unica Natura in cui ci troviamo inseriti nei giorni della nostra storia. Abitarla con sentimento e con consapevolezza significa realizzare al massimo la nostra qualità di eredi, di figli, di creature “ricordanti”.
Scheda libro
Titolo: L’eredità del bosco
Autore: Michela Zanarella
Editore: Macabor Editore
Anno: 2023
Prefazione: Dante Maffia