Indice
“Naufragare” (Bertoni Editore) è un titolo importante, impegnativo, significativo: esso riconnette necessariamente al “naufragar m’è dolce in questo mare” di leopardiana memoria; inoltre è un infinito e, in quanto tale, indefinito; o meglio, nel verso leopardiano diventa un soggetto per l’io lirico; ma, usato come titolo assoluto come fa Francesco Campagna in questa raccolta poetica, cosa comporta? Cercherò di darne un’idea in questa mia piccola nota, ma soprattutto spero di spingere il lettore a farsene una sua, posto che ogni lettore è libero, come lo è il naufragare.
La struttura
Eppure, nonostante la libertà, l’indefinitezza del naufragare, la silloge di Francesco Campagna presenta al suo interno una disciplina organizzativa che la rende armonica e gradevole.
Dopo la presentazione di Gisella Blanco, seguono sei sezioni, ciascuna con un titolo, e alla fine una postfazione di Antonio Fiori. Ogni sezione accoglie, tra le altre, una poesia il cui titolo riprende quello della sezione stessa, il che crea familiarità al lettore.
Se naufragare di per sé può costituire una vox media, fra il negativo (in senso assoluto) e il positivo (nel senso relativo di Leopardi), i titoli delle sezioni sono maggiormente definiti, anche nella loro ambiguità.
Le liriche di Francesco Campagna
Ad esempio nella sezione Cicatrici dorate, il componimento omonimo esprime la bellezza dell’oro sulle cicatrici, ovvero la bellezza della riparazione: nonostante lo strappo, è possibile riparare, anzi è proprio lo strappo a valorizzare il gesto che ricuce; nell’antica arte giapponese tale tecnica si chiama kintugi: “Cocci di ceramica/riparati col kintstugi”; per analogia, nella vita dell’io lirico esso è costituito da una “lei/Un semplice sguardo/un fascio di luce/un bacio intenso”; nella sezione Ali lacerate, la lirica omonima esprime l’ossimoro tra la libertà del volo e la prigionia di ciò che lo impedisce: immagine rafforzata dall’analogia con la “Poesia che diventa carne mutilata”; quest’ultima istantanea ha la forza di evocare il dolore vivo per ogni atto poetico messo a tacere; proprio nello Ione di Platone qualcosa di analogo infatti si legge a proposito del poeta: “Il poeta, infatti, è un essere leggero e alato e sacro”; altra raffigurazione ossimorica è quella che aleggia sulla sezione Il cielo in prigione e sulla poesia corrispondente nel titolo, dove lo stesso io poetico è costretto a stupirsi dell’accaduto: “Perfino il cielo si ritrova in prigione”, e a doverlo tragicamente avallare con la verità della parola: “Ci perdiamo tra le bugie e il delirio/Affrontiamo le tempeste/Abitiamo l’asfalto rovente/Anneghiamo nel fiume Lete/Ogni giorno”. La ripetizione della “a” rafforza il negativo corale dei verbi usati alla prima persona plurale; oppure si può respirare un’aria espressamente alla Baudelaire: “Spleen/Logorio inesorabile/delle viscere mortali”.
Rimandi e suggestioni
Così si apre la lirica omonima, posta al centro della sezione denominata allo stesso modo; concetto ripreso, quasi alla fine del testo, in modo affine: “Spleen/Un disagio fagocitante/Un respiro ansimante”; in questo secondo attacco il concetto è rafforzato dalla simmetria (Un disagio/…Un respiro) e dalla rima (fagocitante-ansimante); come non pensare allo Spleen del poeta francese, con la sua ripresa (per ben tre volte di Quando, ai v. 1, 5, 9), e con la pesantezza evocata dal “cielo basso e oppressivo” che “pesa come un coperchio /sull’anima che geme in preda a lunghi affanni” (vv. 1-2); in entrambi i componimenti incombe, inoltre, la perdita della speranza. Così infatti scrive Francesco Campagna: “La vita è un naufragio/omertoso”, confermando il negativo del campo semantico del naufragio, come già detto in apertura; similmente annota il simbolista Baudelaire: “vinta, la Speranza piange” (penultimo verso).
Buio e luce
Tutto ciò ci rende Frammenti di universo, come si legge nell’ultima sezione e nella lirica con egual titolo. In tutto questo mondo, dove “La speranza è soltanto una parola di carta”, non c’è davvero spazio per la felicità? No, non è così, anzi. La felicità è bella perché rara, come l’oro che ripara: si coglie quando “Fuori nevica/tra i mandorli/ in fiore” (Fuori nevica), nella Poesia che “sarà sempre la nostra guida” (Giochi di parole); nel “Cielo stellato/sopra di me” (Mi perdo); nella resilienza nonostante sia “un pianeta troppo lontano” (Resilienza), nel “Nonostante tutto”, titolo omonimo del componimento che, non a caso, chiude la raccolta: “Nonostante tutto/ tu sei qui/ […] / La felicità si conquista/vivendo/Comunque soffi il vento/brilla”.
Anche la Commedia dantesca, ricordiamolo, era iniziata con il buio e finisce con la luce: “L’Amore che move il sole e l’altre stelle”.
Conclusione
In conclusione invito a leggere questa bella pubblicazione curata dalla casa editrice Bertoni che si distingue nell’ambito poetico per suoi titoli, per i suoi autori e i suoi curatori; anche la copertina del libro, gialla, è un elemento attraente: il giallo è il colore dei poeti, il colore dei limoni, correlativo oggettivo montaliano di una poesia non laureata, ma tale da raccontare il male di vivere; ma in grado di farlo senza rinunciare a dire la “rara felicità”, come quella concessa dal gesto levigante e riparatore dell’acqua presente nei Fiumi di Ungaretti.
Già solo per tutte questi riferimenti che essa genera, la silloge di Francesco Campagna merita di essere letta: il resto dei motivi è tutto quanto da scoprire.
Scheda libro
Titolo: Naufragare
Autore: Francesco Campagna
Casa Editrice: Bertoni
Anno: 2024
Pagine: 110