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Sante Bandirali ci racconta ‘Papiro’, la diversità come ricchezza

Sante Bandirali (scrittore, musicista, traduttore, fondatore e direttore editoriale della casa editrice uovonero e della Officina Babùk) racconta, con stile avvincente ed elegante satira, una stravagante e piacevole storia. Prendendo per mano i lettori, li conduce in una realtà dove la trama si intreccia a episodi di vita a noi vicini. Papiro (Marcos y Marcos – collana Gli Alianti) è il suo romanzo di esordio.

Papiro, il figlio progettato

Alle 18:50:42 nasce Papiro da papà Brando Cerberoni e da mamma Sofia Savi in Cerberoni. Intellettuali di fama chiarissima e di sconfinata cultura, discutono con competenza dalla scomparsa delle api alla deforestazione amazzonica, dall’infestante uso disgiuntivo anziché avversativo della locuzione ‘piuttosto che’ alla proliferazione atomica. Sanno tutto. Nulla sfugge al loro controllo. Un bel giorno, decidono di avere un bambino, ritenendo utile che una coppia come la loro debba necessariamente riprodursi.

Il loro bambino sarebbe stato bello, simpatico e fortunato […] avrebbe avuto la pelle chiara come i putti di Tiziano, i capelli biondi come Marylin Monroe e gli occhi azzurri l’occhio sinistro di David Bowie […] che avrebbe fatto soldi a pioggia bevendo caffè come George Clooney e dicendo idiozie a raffica sulla cucina in qualche show cooking televisivo’ (p. 12). E così entra in funzione il programma del figlio perfetto: i coniugi creano un foglio di calcolo sul computer del soggiorno. Nulla è lasciato al caso, perché il loro bambino sarebbe diventato il genio più importante dei tre millenni a seguire.
Il nome? Pergamena se fosse nata femmina, Papiro se fosse nato maschio. Finalmente l’atto del concepimento: ‘realizzarono un unico, rapido, perfetto, asettico, estasiante accoppiamento della durata di tre secondi netti‘. Un nanosecondo di piacere che li lascia ‘sfiniti ma profondamente soddisfatti […] Brando produsse un unico spermatozoo, sano e forte, che andò impavido a unirsi al perfetto ovocito di Sofia’. Dopo nove mesi esatti, il piccolo nasce. Il frutto del progetto.

La coppia dà alla luce un bambino bravo che non piangeva, non strillava, come fanno i neonati. Era un bel bambino, proprio come lo avevano sognato, anzi progettato. ‘il nostro bambino è già così maturo da non avere bisogno di quelle stupide manifestazioni dell’istino neonatale’ (p.21).
Brando e Sofia potevano ritenersi soddisfatti, abbiamo fatto un ottimo lavoro ripetevano: il progetto era stato davvero produttivo ed efficace. Al loro bambino non mancava proprio nulla. Il programma educativo non prevedeva né baby sitter, né nidi d’infanzia: niente bambinerie che avrebbero compromesso lo sviluppo del genio.

Con il passare del tempo, i due intellettuali si resero conto dell’assenza di emissioni sonore di Papiro, che si era sempre dimostrato empatico e collaborativo. Compensava infatti questo suo modo di essere, seguendo le conversazioni con lo sguardo e con i gesti, dando l’impressione di comprendere passaggi, frasi e interi discorsi.

Il sogno infranto

La diversità di Papiro esplode come una bomba; rompe l’armonia familiare e rovina il progetto-sogno dei Cerberoni. ‘Papiro non parlava. Era silenzioso come una scarpa di gommapiuma. Afono come un trapper con l’autotune guasto’ (p.45).
Nonostante fosse stato tutto calcolato in ogni minimo dettaglio, il bambino bello e sorridente, sembra perfetto: in realtà, le aspettative non paiono soddisfare i genitori. Sofia si rende conto della diversità di Papiro che divora i libri, ne ripete con esattezza il contenuto, mostrando marcati gusti letterari. Accortisi dell’imperfezione, comincia l’odissea dei due genitori che contattano esperti in ogni settore, nella angosciosa ricerca di una possibile soluzione che corregga l’imperfezione del loro adorato figlio.

‘ “Vedi” disse tra singhiozzi “stiamo già cercando consolazione nelle capacità residue, come si fa con i…con i…” Non riuscì a pronunciare la parola disabili, e il marito si guardò bene dal  completarle la frase’ (p.50). Papiro è diverso, e porta sulle sue spalle il carico pesante delle aspettative e della diversità intesa come impiccio, come qualcosa da riportare nei canali del “normale”. In una società (sostenuta e rinforzata dalla convinzione che “fare di più” sia altamente positivo), nella quale bisogna offrire prestazioni di ottimo livello ed essere competitivi, la diversità di Papiro, figlio di due sapientoni, non è assolutamente immaginabile. Brando e Sofia iniziano la ricerca di una cura e si imbattono in risposte completamente diverse.

Il mago Karanar

L’aver consultato i massimi luminari della medicina non ha prodotto i risultati sperati, ‘Sofia e Brando si rivolsero allora ad altri campi del sapere umano tradizionalmente ritenuti meno scientifici e destinati ai più creduloni’ (p.110). Quello che appare un ciarlatano, il mago Karanar (astrologo e pranoterapeuta, specializzato in reumatismi, controfatture, ambi secchi, doposbronze e in cura generica di sua creazione, la pastaececiterapia), in verità aiuta i due genitori, non perché provvede a dar loro la giusta risposta, ma perché farà comprendere come la soluzione sia a portata di mano: basta scoprirla. Dalla carta stampata verrà un piccolo uomo con la barba, sentenzierà il mago
Karanar.

E così qualcosa succederà. Papiro è solo un bambino, null’altro, non è come Brando e Sofia lo considerano, e cioè il più grande genio dei suoi tempi, già nato intellettuale. Chi riuscirà a guardare la realtà per ciò che è, chi guarderà Papiro come un bambino e non come una macchina telecomandata, troverà la soluzione a un caso che appare incomprensibile. Comprendiamo così che la perfezione non abita questo mondo; anche quando si è parecchio intelligenti, e si programma ogni particolare, qualcosa sfugge al controllo. Le speranze dei genitori si bloccano e saltano, perché Papiro non lascia spazio al soddisfacimento delle loro aspettative. Ne deriva che Brando e Sofia dovranno uscire dal circolo vizioso dei desideri rovesciati sul proprio figlio, confessando a sé stessi che lui non dovrà seguire la strada da loro tracciata, ma affrontare da solo le sfide della quotidianità.

Le due metà della mela

La copertina di Ilaria Voghera, una mela, frutto della conoscenza, spaccata in due con i semi che fungono da occhietti, sintetizza la coppia Brando- Sofia, compatta (quando appare al mondo del talkshow) e “s-compatta”, dimostrandosi carente di legami umano-affettivi.
Sante Bandirali con Papiro ci fa entrare in un mondo irreale, in una moderna favola con grande senso dell’umorismo e caustico sarcasmo. I suoi personaggi raccontano un’esistenza solo all’apparenza monotona che invece si rivela piacevole e spiritosa, intrappolandoci nella lettura delle 150 pagine. Dopo divertenti peripezie, facendo sua la massima di Plutarco, secondo il quale i giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere, l’autore ci porta dentro la storia a sentire i “non suoni” del bambino e a scoprire come dal suo corpo verranno fuori la voce e le parole. Basta aspettare.

Papiro è l’elemento immaginario reso vivo e reale, è il figlio perfetto che deve soddisfare tutte le aspettative dei genitori, intellettuali di calibro che Sante Bandirali racconta prendendosi gioco del loro spazio d’azione e della presunzione culturale, ma anche del loro essere genitori; li ridicolizza, sorridendo della loro incapacità a vivere il quotidiano, e li osserva con l’affetto, abbracciandoli con le parole. La dedica iniziale: “A tutti i Papiro che ho conosciuto, ai loro bibliotecari”, la dice tutta.


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Titolo: Papiro
Autore: Sante Bandirali
Editore: Marcos y Marcos
Anno:2024

Pubblicato in Narrativa.

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